In Francia, una preziosa testimonianza della storia edilizia del XX° secolo rischia di essere demolita
In Savoia, al di là delle Valli di Lanzo, dietro le cime dell’Albaron e dell’Uja di Ciamarella, il rifugio delle Évettes (2594 m) è stato commissionato dal Club Alpino Francese nel 1970 all’architetto, alpinista e sciatore Guy Rey-Millet (1929-2017), già autore di altri progetti per l’alta quota. Il particolare elemento d’interesse riguarda il sistema costruttivo, basato su un sistema tridimensionale modulare di assemblaggio a secco di elementi prefabbricati, composti da barre triangolari. Una soluzione particolarmente idonea per la leggerezza di trasporto dei componenti, nonché per la loro rapidità e semplicità di montaggio, culminata con pannelli di rivestimento esterni, sempre modulari. Dietro la messa a punto di un tale dispositivo si cela la figura di Jean Prouvé (1901-1984), protagonista cardine della sperimentazione edilizia d’avanguardia (razionalizzazione del cantiere, riduzione dei costi e allargamento dell’offerta) nel secondo dopoguerra in Francia. Il felice esito del cantiere delle Évettes porterà alla realizzazione, con le medesime modalità, di un secondo rifugio, l’anno seguente presso il Col de la Vanoise (2518 m).
Il progetto di ristrutturazione del rifugio avviato nel 2021 dalla Federazione francese dei club alpini e di montagna (FFCAM) prevede la demolizione della struttura preesistente, con la costruzione di un nuovo edificio su due livelli, di cui quello basamentale in muratura, dal rilevante impatto ambientale. In rete è stata lanciata una petizione che chiede la conservazione dell’esistente, ancora in buone condizioni, compresi gli arredi interni, disegnati ad hoc dallo stesso Rey-Millet. L’intero spazio interno, poi, nella sua semplice articolazione e moderna sobrietà, ha consentito fino ad oggi un utilizzo versatile. Si richiede dunque che venga riconosciuto un vincolo di tutela, in modo che i necessari adeguamenti impiantistici e normativi possano avvenire nel rispetto della preesistenza.
In realtà, secondo i rifugisti la struttura preesistente è irrecuperabile per via dell’amianto, e tra un paio di anni risulterà inutilizzabile a causa dell’impossibilità di operare gli obbligatori adeguamenti normativi.