Nel Vallone di Vertosan, un progetto di BCW Collective che ha visto il coinvolgimento di YACademy, Cantieri d’Alta Quota, Comune di Avise e Ordine Architetti della Valle d’Aosta
“La vetta non è solo un lembo di roccia e neve da conquistare,
essa è di più, è una metafora del senso della vita,
che si perde senza un traguardo, un desiderio,
un sogno che tenga accesa la luce della nostra umanità” (Claudio Brédy)
Ancorato a sbalzo su una roccia, a 2528 metri di quota, il bivacco Brédy è un’icona nuova sull’orizzonte del Vallone valdostano di Vertosan, un comprensorio montano nel Comune di Avise, costellato di alpeggi e arricchito da due laghetti alpini a ridosso delle cime. Inaugurato il 9 ottobre 2021, il bivacco reca la firma di tre architetti under 35: Chiara Tessarollo, Skye Sturm e Facundo Arboit (BCW Collective).
La realizzazione è l’esito di un percorso virtuoso che ha visto il coinvolgimento di numerosi soggetti che, a diverso titolo, hanno collaborato allo sviluppo del progetto nelle varie fasi, per concretizzare l’intento della famiglia Brédy di ricordare il figlio Claudio, noto politico e alpinista valdostano prematuramente scomparso all’età di 54 anni durante un’escursione nel 2017.
Grazie al supporto dell’associazione culturale Cantieri d’Alta Quota, è stata sviluppata un’idea preliminare nell’ambito dell’edizione 2019 del laboratorio progettuale del corso “Architettura per il Paesaggio” di YACademy – accademia internazionale di architettura con base a Bologna -, tenuto da Roberto Dini (Politecnico di Torino), che è stato anche consulente per la progettazione. In seguito, anche attraverso il contributo dell’Ordine degli Architetti della Valle d’Aosta, è stato bandito un concorso a inviti che ha individuato, tra gli studenti partecipanti al laboratorio, la proposta più idonea.
In questo senso, l’iniziativa è stata occasione per la valorizzazione del talento di giovani progettisti di estrazione internazionale (italiana, statunitense e argentina) che, proprio attraverso l’esperienza in YACademy, hanno potuto entrare in contatto con un simile progetto, organizzarsi come collettivo e dare origine a esiti di rilievo, tanto sul piano culturale che su quello espressivo.
Il sito prescelto per l’installazione si trova ai laghi di Dzioule, nei pressi dell’alpeggio della famiglia Brédy, a quota 2528 metri. Il progetto architettonico ha cercato di coniugare gli aspetti di reinterpretazione e di tutela del paesaggio (si tratta di un manufatto evocativo e non mimetico ma al tempo stesso leggero e reversibile) con quelli più umani di Claudio, che qui trascorse la gioventù, maturando la sua grande passione per le montagne, unita a quella per i viaggi, il volo, la lettura e la scrittura.
Da questo punto di vista, il progetto tenta d’interpretarne sia l’apertura d’animo, sia la sensibilità introspettiva, secondo un’idea minimale: un dispositivo di protezione capace al contempo di traguardare l’orizzonte, come un respiro libero. Spingendosi nel vuoto, il volume a sbalzo evoca l’assenza di un membro importante di una famiglia e di una comunità.
La struttura, a forma di telescopio, si apre verso la valle a sud. Una grande vetrata incornicia la Grivola e il Gran Paradiso, una delle vette di 4000 metri scalate da Brédy nella sua vita alpinistica. Oltre che simbolica, la scelta dell’orientamento risponde anche a una strategia d’inserimento ambientale che massimizza il guadagno solare, per riscaldare il bivacco anche nei mesi freddi. Il leggero e durevole strato di alluminio preverniciato colore grigio scuro, a rivestimento delle pareti di legno isolate, aiuta a trattenere il calore, migliorando il comfort all’interno. Qui, gli spazi sono ottimizzati per la massima funzionalità, privilegiando la vista e l’esperienza sensoriale d’immersione nell’ambiente circostante da parte degli ospiti. La doppia fila di cuccette pieghevoli (6 posti letto), realizzate con corda intrecciata e agganciate con moschettoni di arrampicata, culmina nella spaziosa area comune, caratterizzata dalla generosa vista. Una bussola d’ingresso aggiunge protezione dagli elementi naturali, diventando anche uno spazio per riporre l’attrezzatura.
Il manufatto, interamente prefabbricato a valle e montato in opera in pochi giorni e con limitate rotazioni di elicottero, è una struttura flessibile dal minimo impatto ambientale, grazie anche alla sua completa reversibilità. Infatti, i ridotti punti di attacco a terra attraverso le fondamenta puntiformi metalliche permettono alla struttura di adattarsi al terreno irregolare e di ancorarsi direttamente alla roccia, garantendo una limitata impronta, nonché la possibilità di ripristinare il sito nelle sue condizioni originarie, qualora in futuro la struttura dovesse essere rimossa.
Il Vallone di Vertosan acquisisce così un’icona alla memoria, solida nelle linee ma al contempo leggera allo sguardo, protettiva eppure effimera. Un punto di riferimento fisico e spirituale immerso nello scenario alpino per celebrare, nel silenzio del cielo e dell’ambiente, la montagna di Claudio Brédy.