Il presidente del CAI Auronzo dal 2007 al 2016, ora vicepresidente, ripercorre, dal punto di vista della committenza, la vicenda che, in 7 anni, ha portato alla realizzazione dell’opera presso la Forcella Marmarole
di Massimo Casagrande
Le precoci nevicate di novembre e dicembre si sono posate sul nuovo Bivacco Fratelli Fanton a Forcella Marmarole (2760 m), sulle Dolomiti di Auronzo, in provincia di Belluno.
Per la prima volta la neve avvolge la struttura completata e agibile dopo il lungo periodo di costruzione conseguente l’attuazione del progetto esecutivo predisposto dallo studio Demogo di Treviso (architetti Alberto Mottola, Simone Gobbo, Davide De Marchi e Fabio Tossutti), che si è aggiudicato il concorso di progettazione indetto dal committente, la sezione Cadorina del CAI di Auronzo.
Nel 2014, in occasione del 140° anniversario della propria fondazione, il CAI Auronzo in collaborazione con la Fondazione Architettura Belluno Dolomiti bandì un concorso d’idee in un unico grado, finalizzato all’acquisizione di un progetto per la ricostruzione del vecchio bivacco, consueta struttura a botte modello Apollonio, ormai fatiscente nonché collocato 1000 m più in basso della Forcella Marmarole, luogo di destinazione iniziale.
Le 273 proposte pervenute hanno testimoniato che il tema del bivacco, a dispetto dei grandi vincoli (spaziali ed economici) imposti, è foriero di un’amplissima gamma di sviluppi e declinazioni possibili. Dunque, il concorso è stata un’ottima “palestra di sperimentazione” di linguaggi, soluzioni spaziali, sistemi costruttivi e tecnologici, ragionamenti sul paesaggio.
Il progetto vincitore definisce la struttura come un cannocchiale in grado d’inquadrare lo spazio, di circoscriverlo, rendendo l’opera un sistema di connessione tra corpo e ambiente, offrendosi come punto di osservazione privilegiato nel cuore delle Dolomiti. Riprendendo le forme dei blocchi di roccia circostanti, nel suo aspetto formale il nuovo bivacco richiama un volume sbozzato adagiato sul crinale, un’architettura che si caratterizza per la capacità di adattarsi all’orografia della Forcella Marmarole. Gli spazi interni si sviluppano sull’inclinata del pendio sul quale si appoggia la struttura.
Coerentemente con gli esiti della gara, è stata affidata a Demogo l’ingegnerizzazione della proposta vincitrice. In questa fase si è stretto il rapporto tra i progettisti, la committenza e le prime ditte esecutrici identificate per la realizzazione dei vari componenti del manufatto.
Nel 2017, il getto dei tre plinti di fondazione, e il loro successivo rilievo strumentale, sono stati processi fondamentali al fine di perfezionare le geometrie definitive dell’opera. In questa fase di sviluppo del progetto, i principi strutturali individuati precedentemente sono stati affinati grazie alla rappresentazione con modelli tridimensionali utili a chiarire ogni dettaglio della costruzione e a completare le verifiche necessarie con i modelli di calcolo. Fondamentale è stato l’ampliamento del gruppo di lavoro, coinvolgendo ingegneri strutturisti e navali che risolvessero le numerose variabili legate agli sforzi a cui è sottoposta la struttura in un ambiente così severo, utilizzando materiali compositi più complicati da verificare strutturalmente.
La struttura in elevazione si compone di tre elementi principali: i piloni di appoggio, il pianale di distribuzione e il guscio protettivo. Ognuna di queste parti risulta complementare alla definizione di un sistema in grado di resistere alle molteplici configurazioni di carico. I piloni in acciaio, che permettono di sopraelevare dal suolo il bivacco, sono collegati con piastre ai plinti in cemento armato; elementi ad altezza variabile che compensano difformità di quota sull’inclinata di progetto, essi si ancorano poi al pianale. Questo è una struttura sempre in acciaio, inclinata a graticcio, composta da profili standard giuntati con sistemi di connessione imbullonati, tutti elementi suddivisi in piccole parti di peso prestabilito in modo da garantire l’elitrasporto. Crociere di controvento orizzontale contribuiscono a stabilizzare il tutto e a contenere le deformazioni. Il guscio, invece, è una calotta realizzata da stampo in un unico corpo, con pannelli sandwich autoportanti formati da un nucleo in materiale espanso strutturale, rinforzato con tessuti in fibra di vetro e carbonio, impregnati con resina vinilestere bicomponente mediante la tecnica del vacuum bag a temperatura controllata. Questa tecnologia permette di disporre le fibre di rinforzo in relazione alle necessità specifiche, riducendo al minimo il peso complessivo della scocca (circa 2.500 kg).
Tutti questi elementi, inizialmente perfettamente progettati e poi altrettanto perfettamente realizzati, vengono normalmente consegnati facilmente in paese. Tuttavia, a questo punto, si palesano le problematiche legate al loro trasporto in alta quota e alla successiva posa in opera. La fase di cantiere assume un’importanza fondamentale, in quanto le variabili legate alle condizioni ambientali e, soprattutto, meteorologiche, sono in grado di decretare la buona riuscita o meno di un’installazione, condizionando, in particolar modo a livello economico, tempi di realizzazione e costi complessivi.
Nel 2020, dopo aver installato il guscio con un unico tiro di elicottero, effettuato con un Kamov dell’Eliswiss, è iniziata la fase di completamento della struttura, con la realizzazione dei rivestimenti esterni isolati in lamiera aggraffata di zinco-titanio e con il montaggio dell’arredo interno. Tutti i semilavorati necessari in questa fase, sono stati precedentemente confezionati a valle in laboratorio da artigiani locali. Anche questa operazione, che normalmente non presenta particolari difficoltà, va assolutamente pianificata nei minimi dettagli, avvalendosi di modelli tridimensionali della reale struttura da completare. La parte progettuale di sviluppo di dettaglio dei rivestimenti interni ed esterni del bivacco prevedeva il disegno millimetrico di ogni singolo elemento, che poi sarebbe stato montato in quota. Tuttavia, nonostante la maniacale pianificazione preliminare, in cantiere gli artigiani si sono trovati ad affrontare alcune criticità che, per la particolare collocazione del bivacco, permettono soluzioni molto limitate, stante l’impossibilità di muoversi e la scarsità di attrezzature al seguito. A tal proposito va sottolineato che, per quanto si cerchi di risolvere nel più piccolo dettaglio ogni componente del progetto, l’intervento dell’artigiano non solo competente e formato ma soprattutto, coinvolto personalmente nella realizzazione dell’opera e partecipe della buona riuscita dell’intera operazione, risultano ingredienti fondamentali per ottenere il risultato finale.
In conclusione, ora che il nuovo bivacco è pronto e i primi ospiti hanno sinceramente apprezzato la struttura, non possiamo che sentirci orgogliosi dell’opera realizzata. Essa, infatti, non solo rappresenta un bivacco al passo coi tempi, ma racchiude un percorso progettuale e realizzativo che ha spinto tutti gli attori coinvolti a dare il meglio di sé, per un’operazione che sta acquisendo visibilità in tutti gli ambiti dell’architettura.
I sette anni intercorsi tra l’emanazione del bando di concorso e l’inaugurazione dell’opera stanno anche a indicare che l’approccio seguito dal committente, fortemente determinato a portare avanti il progetto senza compromessi, ha dovuto fare i conti con difficoltà tecniche, necessità di reperire i fondi necessari per coprire spese sempre maggiori e assolutamente non considerate inizialmente, e perché no, continuare a trovare le motivazioni per realizzare una piccola ma complessa architettura, fondamentalmente priva di ogni ritorno economico per chi l’ha voluta e messa a disposizione dell’intera collettività.