Un’ipotesi d’intervento e una raccolta fondi per rendere fruibile lo storico ricovero sulla Parete Est del Monte Rosa, cointestandolo a Flavio Migliavacca
di LORENZO SERAFIN
Le ultime notizie da quota 3036 metri, dalla rinomata capanna a strisce bianche e rosse sullo Jaegerrücken, alla base delle storiche vie alpinistiche sulla Est del Rosa, risalgono a più di due lustri fa. Allora, chi scrive aveva riferito su questo sito dell’esecuzione delle opere per la sostituzione dei paramenti interni del rifugio.
A risollevare l’attenzione per le sorti della storica capanna – dedicata al milanese Damiano Marinelli, pioniere dell’alpinismo che assieme a Ferdinand Imseng e Battista Pedranzini perse la vita l’8 agosto 1881 nel tentativo di replicare l’ascesa in vetta – è una nuova e recente drammatica impresa. Il 28 maggio 2021, dopo aver salito e ridisceso in sci assieme a Fabrizio Orsello il lenzuolo superiore della Nordend, una roccia di ancoraggio cede sotto il peso della corda doppia di Flavio Migliavacca, che non riesce a trattenersi sui ripidi pendii e viene trascinato a valle. Flavio aveva preparato a lungo l’impresa, con la meticolosità di un artigiano, saggiato la parete e più volte rinunciando di fronte a condizioni non ideali, come abitudine sua e dei suoi compagni di avventure di “Effetto Albedo”, che ora stanno promuovendo presso alcune associazioni alpinistiche serate d’incontri mirate anche alla raccolta fondi in sua memoria. Obiettivo della raccolta è promuovere, passando attraverso un’opera d’innovazione che ne migliori le prestazioni invernali, la co-intestazione del rifugio a Marinelli e Migliavacca.

A questa soluzione si è arrivati per gradi. Dapprima è stato proposto di affiancare un nuovo bivacco, in prossimità, realizzato secondo i moderni standard di prefabbricazione. L’idea nasceva dal fatto che la capanna, accostata e protetta da una sporgenza rocciosa, presenta d’inverno difficoltà d’accesso e di permanenza all’interno: fino a maggio inoltrato essa risulta quasi completamente immersa in una coltre nevosa compatta. L’accesso, posto su un fianco del fabbricato, richiede ore di lavoro per essere liberato e all’interno presenta condizioni termo-igrometriche assai sfavorevoli, con puntuali infiltrazioni dovute al disgelo della neve penetrata negli interstizi tra copertura e muri perimetrali in sasso. La capanna, del resto, nacque ed è sempre stata utilizzata per il supporto ad attività alpinistiche in stagione estiva, che nell’odierno mondo surriscaldato comporta su queste vie condizioni di sempre maggiore instabilità, con pressoché costante rischio di cedimenti e distacchi. L’attenzione degli alpinisti è spostata verso la stagione invernale/primaverile, quando la parete Est presenta condizioni più stabili.
La realizzazione di una struttura ex novo ha destato tuttavia qualche perplessità, ad esempio da parte della proprietaria sezione di Milano, che persegue l’orientamento del CAI per la non proliferazione di rifugi e bivacchi in quota, puntando esclusivamente al “mantenimento delle strutture esistenti, con la consapevolezza che l’attuale densità delle stesse appare in alcune zone delle Alpi e degli Appennini sufficiente a soddisfare il fabbisogno in termini di sicurezza di escursionisti e alpinisti”.
Da uno stretto dialogo nato tra Orsello, primo promotore dell’iniziativa, e il Cai Milano, coinvolgendo attivamente i principali attori dell’area (Comune e CAI di Macugnaga, Associazione Guide Alpine, Soccorso Alpino, Club dei 4000 di Macugnaga), si è promossa una ricognizione della realtà geologica e delle condizioni statiche del bivacco, per giustificare un intervento di valutazione dell’esistente. Nell’agosto del 2023 è stato compiuto un primo sopralluogo conoscitivo assieme al geologo Nicola Quaranta e agli ingegneri Alberto Morino e Matteo Sambrizzi, che hanno verificato la stabilità ed effettuato indagini sismiche passive con tecnica HVSR (con strumenti portati a spalla). Un secondo sopralluogo con indagini geofisiche effettuate col metodo d’indagine sismica a rifrazione ha richiesto due giorni di lavoro e l’elitrasporto degli strumenti. I risultati delle indagini hanno messo in luce ”il quadro di una caratteristica eterogeneità del sottosuolo, delineatosi a seguito dell’analisi delle sezioni sismiche lungo il pendio e lungo le curve di livello nelle immediate adiacenze della struttura del bivacco, dove è ben tracciabile la base di appoggio dell’unità dei depositi di copertura quaternaria a grandi blocchi, con evidente detensionamento superficiale”.
La risposta al quesito è quindi positiva. Il terreno presenta condizioni di relativa stabilità, o quanto meno non sono riscontrabili fenomeni d’instabilità tali da compromettere il fabbricato e si può ragionevolmente intervenire con lavori di ristrutturazione e miglioramento, con la raccomandazione di non sovraccaricare la struttura. La soluzione proposta, un concept – per la prima volta presentato a Torino il 28 marzo scorso, durante una serata organizzata da “Effetto Albedo” ospiti del Club 4000 – sviluppa alcuni semplici concetti in genere applicabili alle strutture in quota. Si tratta di ragionamenti e considerazioni ad alta voce, condividendo di volta in volta i ragionamenti con tutti i tecnici coinvolti, con il promotore e con il CAI Milano. Tra i fattori considerati, innanzi tutto la difficile accessibilità invernale e l’opportunità di predisporre un vano d’ingresso avanzato, più facile ad essere sgomberato dalla neve. L’idea era già sorta anni fa su richiesta di Walter Berardi, storico gestore del bivacco, ma si è sempre esitato per via dell’alta esposizione del costone alla discesa di masse di neve d’accumulo dall’alto, soprattutto al di fuori del cono di protezione costituito dal grosso masso cui è addossata la capanna.
Una soluzione possibile al problema è apparsa l’estate scorsa quando, casualmente, Orsello ha alzato un lembo della copertura in prossimità di uno spigolo dell’edificio contro roccia ed è apparsa una cavità sul retro della muratura. Si è quindi immaginato di poter usare questa cavità – che probabilmente costituì un primordiale ricovero del quale fece uso lo stesso Imseng nella sua prima ascensione il 31 luglio 1872 assieme agli inglesi Charles Taylor e i fratelli William e Richard Pendlebury – come vestibolo, realizzando in copertura un ingresso invernale, dotato di piccolo terrazzino protetto per la permanenza degli alpinisti all’esterno.
La forma che ne è scaturita assomiglia a una tenda o, con un po’ d’immaginazione, a uno strano volatile appollaiato su un angolo della copertura del rifugio: qui si ritiene di poter beneficiare sia della protezione della roccia, sia di una posizione apicale almeno in parte emergente dalla linea d’innevamento e, quindi, meglio fruibile.
Nel concept due scale sfalsate attraversano la cavità naturale posta a un livello mediano tra l’accesso e il piano del rifugio. Se nell’idea originale di realizzare una bussola di fronte all’ingresso si era ipotizzata la predisposizione di uno o più camini di ventilazione affiancati alla roccia superiore, quest’ultima soluzione sembra offrire una risposta alternativa favorendo per sua propria geometria la ventilazione naturale per effetto camino. Lo schema progettuale sembra aderire alle esigenze espresse dai vari attori coinvolti, compresa quella di ottenere un piccolo spazio di deposito per i materiali di soccorso oltre che per sci e attrezzature alpinistiche. La messa in opera della struttura esterna dovrà gravare principalmente sull’impalcatura rocciosa retrostante e in parte coinciderà con alcune puntuali opere di rinforzo della stessa.
La realizzazione complessiva delle opere dovrà essere preceduta da un’ulteriore indagine approfondita della cavità retrostante e dovranno essere attentamente chiarite modalità di adeguamento delle strutture esistenti per arrivare a un progetto esecutivo che consenta di finalizzare l’intervento nell’estate 2026, a 140 anni dall’inaugurazione del rifugio, avvenuta il 5 agosto 1886.
Per la realizzazione delle opere una campagna di raccolta fondi è stata istituita sulla piattaforma La Rete Del Dono. È possibile aderire al link https://www.retedeldono.it/iniziativa/effettoalbedo/ricordo-di-flavio-migliavacca